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I nostri studi - La Missa Papae Marcelli

 

Venerdì 28 dicembre 2007, ore 17.30 - Abbazia di Montecassino (Cassino, FR)
Celebrazione solenne.
Esecuzione integrale della Missa Papae Marcelli di G.P. da Palestrina in liturgia con Proprium gregoriano


E' stata questa un'occasione rara per gustare il capolavoro della polifonia rinascimentale nel sacro contesto della liturgia e nella suggestiva ambientazione del monastero benedettino.

 

L'occasione ha consentito di riflettere sulla profonda connessione tra ciò che rappresenta il monastero di Montecassino e la polifonia sacra del XVI secolo, di cui la vasta produzione di Palestrina costituisce l'espressione più elevata e la Papae Marcelli ne è l'opera simbolo.
L'Abbazia di Montecassino è una delle testimonianze tuttora tangibili del grande monachesimo di San Benedetto e del fervore culturale ed artistico che lo ha animato. Attraverso il monachesimo passano le radici del moderno pensiero europeo, e attraverso il monachesimo passano anche le radici della nostra cultura musicale, infatti sino al XII secolo il panorama musicale è stato dominato dall'inestimabile patrimonio del canto gregoriano, di cui, ancora oggi, i veri se non unici custodi sono proprio i monaci benedettini.
Ebbene, la polifonia di Palestrina è l'ultimo ed il più elevato approdo dell'elaborazione musicale proveniente dall'esperienza medievale del canto gregoriano. I componimenti di Palestrina, sebbene in forma polifonica, ragionano e si sviluppano utilizzando l'alfabeto gregoriano, attingendo a temi gregoriani ed utilizzando gli stessi stilemi. Palestrina porta a perfezione un capitolo della storia della musica partendo dal gregoriano, e chi verrà dopo di lui, partendo dal suo punto di arrivo, scriverà un altro capitolo, quello della musica concertata e del melodramma.
Questo percorso consente di attraversare i secoli ed entrare direttamente in contatto con il cuore della nostra identità religiosa, culturale e musicale.
Si tenga presente che le Messe di Palestrina sono state composte in funzione dei tempi e delle esigenze della liturgia, infatti il testo musicato in polifonia è l'insieme dei canti costituenti l'ordinario, ovvero l'insieme di testi che rimangono invariati qualunque sia il giorno di celebrazione: Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei.
Invece le parti della Messa che variano in ragione delle varie festività, costituiscono il proprio: Introitus, Graduale, Alleluja o Tractus, Offertorium, Communio. Queste parti sono tuttora affidate, prevalentemente, al canto monodico gregoriano.

 

Già nelle prime comunità cristiane la liturgia arcaica utilizzava forme musicali monodiche, ad una sola voce, in parte derivate dalla tradizione ebraica. La prassi reiterata e prolungata di tali forme musicali ha dato vita a ciò che oggi chiamiamo Canto Gregoriano, che ha come caratteristica fondamentale l'intrinseca coerenza tra testo, musica e liturgia.

 

Le prime forme di polifonia compaiono solo nel XII secolo, quindi per i primi mille anni la Chiesa ha cantato esclusivamente ad una sola voce e, più in generale, tutta la musica era monodica.
Nel XII secolo, partendo dal canto gregoriano e tramite successive elaborazioni nasce la polifonia ed il contrappunto: l'apice di tale processo viene raggiunto nel XVI sec. con la polifonia di Palestrina.

 

La prima messa interamente polifonica, dallo stile decisamente crudo, è del 1320 e per giungere ad una vera messa polifonica ci sono voluti quattro secoli: all'apice di tale processo si colloca Giovanni Perluigi da Palestrina e la sua opera simbolo la Missa Papae Marcelli. Il compositore è riuscito a realizzare un perfetto equilibrio tra contrappunto ed armonia, utilizzando chiare linee melodiche, trasparenza e levità nell'architettura contrappuntistica, assicurando la perfetta intelligibilità del testo.

 

Agli inizi del XV secolo, grazie ai polifonisti inglesi e franco-fiamminghi, si era già delineata l'idea della messa composta dal singolo autore, dotata di unità tematica delle varie parti, ovvero l'uso in tutte le sezioni di un unico cantus firmus tratto dal gregoriano. Nel prosieguo le tecniche compositive si avventurarono sempre più nello sviluppo contrappuntistico, sino a giungere ad un livello tale di artificiosità da impedire la comprensione del testo.

 

Nel XVI secolo Giovanni Pierluigi da Palestrina riuscì a portare la messa polifonica a cappella (ovvero eseguita senza accompagnamento strumentale) a perfezione sotto tutti i profili. Riuscì a riflettere nella musica lo spirito del testo, rendendolo comprensibile ed esaltandolo con gli strumenti della polifonia e del contrappunto.

 

L'ascoltatore moderno deve accostarsi alle messe di Palestrina tenendo presente che nel XVI secolo il contesto religioso permeava di se tutti gli aspetti della società ed era il principale, per taluni l'unico, momento nel quale il genio artistico veniva chiamato ad esprimersi: in altri termini per un compositore di quel periodo la messa polifonica costituiva la forma musicale più elevata con cui cimentarsi.

 

Per periodo, contesti e stili viene spontaneo accostare l'opera di Palestrina a quella di Michelangelo (Michelangelo completa la Cappella Sistina nell'ottobre del 1512, Palestrina compone la Papae Marcelli nel 1555); il primo nelle arti figurative, il secondo nelle arti musicali, entrambi al servizio del Papa, generano mirabili espressioni dell'ingegno umano, sintetizzando nei loro gesti artistici l'impossibile: la logica e il sentimento, la solennità e la semplicità, la declamazione e l'intimismo, la perfezione stilistica e l'immediata espressività, la solennità della grande Chiesa di Roma e il dramma della passione di Cristo.
"Palestrina non è solo un grande musicista, è il grande musicista del XVI secolo. In lui si sommano mille sforzi secolari ed innumerevoli opere ignorate. Portò a perfezione l'edificio musicale di cui altri prima di lui posero le basi. Chiuse un epoca portandola a completamento e ne aprì una nuova gettandone le fondamenta".

 

Nel 1555 Papa Giulio III, protettore di Giovanni Pierluigi da Palestrina che lo aveva portato alla cappella pontificia, moriva. Gli succedeva il cardinale Marcello Cervini con il nome di Marcello II. Molte furono le umane apprensioni di Palestrina all'indomani della nuova nomina, avendo egli perso un suo sicuro protettore e non conoscendo gli orientamenti del nuovo pontefice. Inoltre il cardinale Marcello Cervini era persona di elevata cultura umanistica: era stato segretario di Stato, legato pontificio presso la corte di Carlo V, ma soprattutto era stato nel 1545 legato al Concilio di Trento di cui tenne l'effettiva presidenza. Aveva quindi piena consapevolezza di tutte le tematiche liturgiche, in particolare quelle connesse al sommovimento scatenato da Lutero. La grande critica che in quel contesto veniva mossa alla musica liturgica era che l'elaborazione contrappuntistica era giunta ad un punto tale da rendere incomprensibile il testo. A fronte di tutto ciò taluni arrivarono a proporre l'abolizione della polifonia ed il ritorno alla esclusività del canto monodico gregoriano.

 

Marcello II venne eletto il 9 aprile 1555 ed il 12 aprile Venerdì Santo si tenne la cerimonia per l'elezione, durante la quale i cantori, tra i quali appunto Palestrina, ritennero di dover sfoggiare il repertorio più sfavillante, nel comprensibile intento di fare buona impressione sul nuovo Papa. Ottennero l'effetto contrario.
Il Pontefice stesso chiamò a sè i cantori e li rimproverò, dicendo loro che era stato irriverente cantare con letizia ed in modo eccessivamente ornato il giorno della passione di Cristo.

 

I canti avrebbero dovuto ricordare la passione e cancellare con le lacrime i nostri peccati e comunque bisognava cantare in modo che si potesse udire e comprendere ciò che veniva cantato: Audiri atque percipi posset!
Da qui nasce il mito della messa composta in poche ore sull'onda di quel severo richiamo. Papa Marcello II morì pochi giorni dopo, il 30 aprile, e la messa venne pubblicata ben 13 anni dopo nel 1567, quando Palestrina diede alle stampe il suo Missarum liber secundus, dedicato a Filippo II di Spagna. La genesi così descritta della Papae Marcelli è intrinsecamente credibile, atteso che Palestrina aveva concreto interesse a dedicare il Missarum liber secundus a Filippo II di Spagna, aspirando ad essere assunto presso la sua corte; per converso, non aveva alcun interesse venale per dedicare una messa ad un Papa morto 13 anni prima, dal quale evidentemente era stato sinceramente colpito con quel famoso rimprovero, poco prima che lo stesso fosse prematuramente sottratto alla sua missione.

 

Il monito di Papa Marcello II è tuttora sorprendentemente attuale, considerato il livello della musica liturgica solitamente proposta nelle parrocchie.
La tradizione delle grandi cappelle musicali è andata persa ed il gregoriano sopravvive solo grazie ai benedettini. A fronte di tale situazione il messaggio palestriniano è altrettanto attuale e fornisce il paradigma ispiratore al quale attingere.
Questa è la nostra identità, la nostra cultura, l'essenza del nostro modo d'essere e solo dai legami con il passato traiamo ponti per il futuro.
Il Monastero di Montecassino ha vissuto traversie inenarrabili, devastazioni, saccheggi e distruzioni: malgrado ciò, all'inizio del XXI secolo, continua a svolgere il suo compito, dimostrando quanto profonde siano le radici che lo alimentano.
Le stesse considerazioni possiamo fare nel campo musicale, laddove nessuna strada nuova può essere proficuamente percorsa senza la piena consapevolezza di ciò che è stato prima.

 

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GUIDA ALL'ASCOLTO

La Missa Papae Marcelli è stata composta per sei voci che la prassi esecutiva dell'epoca affidava a gruppi di solisti composti da pochi cantori.

La composizione si basa sulla imitazione del tema iniziale, subito presentato dal primo KYRIE. Nella successiva invocazione la parola Christe emerge chiarissima e viva nel tessuto delle voci, procedendo con ondate placide ma solenni. L'ultimo Kyrie ripropone lo schema imitativo iniziale, questa volta in modo più serrato e solenne.

Il GLORIA, per sua stessa natura declamativo rispetto all'intimismo del Kyrie, ha una struttura prevalentemente sillabica e spesso omofonica riguardo al modo con cui viene trattato il testo.

Il CREDO affida al Basso I la riproposizione del tema e si sviluppa analogamente al Gloria con metodo omofono rispetto alla declamazione del testo che, soprattutto in questa fase, è limpidamente percepibile. La prima parte sviluppa le imponenti e squillanti affermazioni a fondamento del cristianesimo, chiudendo questo primo ciclo con una pausa di riflessione sul mistero dell'incarnazione di Cristo (Et incarnatus est).
La trama riprende con il Crucifixus affidato solo a quattro voci, organico ritenuto più confacente per esprimere la solitudine del dolore di Cristo crocifisso.
Et in Spiritum Sanctum riprende l'organico a 6 voci, con un crescendo di solenne declamazione che culmina con l'annuncio della vita futura che verrà (Et vitam venturi seculi), seguito dal grandioso Amen finale, che sigilla con le sue poderose volute ascendenti e discendenti la fermezza della Fede di Santa Romana Chiesa.

Il SANCTUS presenta linee melodiche accentuatamente melismatiche, evidentissimo in questo caso l'utilizzo del materiale tratto dal Canto Gregoriano. Sulla vocale a di Sanctus le voci si susseguono e si incrociano con vocalismi ascendenti e discendenti tesi ad esprimere l'acclamazione mistica che l'uomo rivolge al Signore Dio dell'Universo.

Il BENEDICTUS è affidato alle quattro voci più acute, le quali sviluppano per imitazione un tema cromatico estremamente efficace nel rendere la rarefatta atmosfera susseguente al mistero eucaristico.

L'AGNUS DEI I riprende il tema proprio della messa, che nell'AGNUS DEI II, a sette voci, viene sviluppato anche nella forma di canone, dando vita ad una intesa tensione che risolve, non a caso, esclusivamente negli accordi finali del da nobis pacem. Tutto lo sforzo declamativo e di esaltazione delle parti precedenti svanisce per lasciare il posto all'implorazione di colui che serenamente confida nella misericordia divina.

 

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BIBLIOGRAFIA

L. Bianchi, Giovanni Pierluigi da Palestrina nella vita, nelle opere, nel suo tempo. Fondazione Giovanni Pierluigi da Palestrina, Roma, 1995

L. Comes, La melodia palestriniana e il canto gregoriano, Jucunda Laudatio, San Giorgio Maggiore - Venezia, 1974-1975

a cura del Gruppo Vocale Polyphonia

 


Ufficio delle Tenebre
La Liturgia della Chiesa, così come si è formata nel corso della sua storia millenaria attraverso un lento ed elaborato processo, è suddivisa in due grandi ambiti. Il primo è quello della Liturgia Eucaristica, la Messa; il secondo è la Liturgia della Ore (un tempo detto Ufficio Divino), costituito dall'insieme delle preghiere previste per i vari momenti della giornata.

Incontro con il Maestro
Perché Palestrina è così importante nella storia della musica ?
Partendo dai canti delle prime comunità cristiane, attraverso l'esperienza medievale del canto gregoriano, l'evoluzione musicale è approdata alla polifonia sacra del XVI secolo, di cui l'opera di Palestrina costituisce l'espressione più elevata.

(la foto del M° Scattolin è tratta dal sito www.coroeuridice.it)

Concerto Teatrale
Nell'ambito della stagione teatrale 2008/2009 del Teatro Rossetti di Vasto il Gruppo vocale Polyphonia ha scelto di proporre la Missa Papae Marcelli in una forma del tutto innovativa, che abbiamo pensato di definire "CONCERTO TEATRALE": con la collaborazione di alcuni attori vengono ricostruiti i contesti e le condizioni che fecero da cornice alla grande polifonia sacra del Rinascimento.